La festa di San Giuseppe in Romagna


Ci avviciniamo al giorno di San Giuseppe. Ecco alcune tradizioni e alcuni detti della nostra Romagna su questo tema.

La vigilia di San Giuseppe, la sera del 18 marzo, si raccomanda a tutte le donne di fare vigilia, affinché il Santo vegli sempre su di loro e le protegga. Anche alle giovani ragazze si raccomanda di fare viglia perché, in caso contrario, San Giuseppe potrebbe passare dalla loro casa e con la pialla “toglierebbe via loro la desiderata abbondanza dei seni”!

“San Jusef
E’ porta vi e’ scaldalet”

(San Giuseppe porta via lo scaldaletto)

Per San Giuseppe il contadino si prepara alla burasca d’Sa’ Iusef – la burrasca di San Giuseppe – dopo di che il contadino sa che il tempo pazzo di marzo sta finendo e, infatti …
“Senza burasca,
merz u n’passa”

(Senza burrasca
marzo non passa)

Ancora:
“Par San Bandét
se un ten e’ verd e’ ten e’ sec”

(Per san Benedetto (21 marzo)
se non c’è il verde, c’è il secco)
Le gemme nei rami, a marzo gonfiano e, per San Benedetto quei rami che non avessero ancora dato segni di risveglio sarebbero da tagliare perché secchi.

Per concludere:
“San Bandèt,
la rundanena a e’ tett”

(San Benedetto,
la rondine sul tetto).
E’ finalmente in arrivo la primavera.

Qualche altra considerazione sulla burrasca di San Giuseppe.
I nostri vecchi non conoscevano burian o altre simili manifestazioni di cattivo tempo, per loro era semplicemente la buràsca ‘d Sa’ Jusëf. Era una delle cosiddette “burrasca dei Santi” che portavano freddo, pioggia e qualche volta anche la neve. Erano però necessarie perché dopo il loro passaggio la stagione mutava e si stabilizzava. Infatti si dice:
“La buràsca ‘d’ Jusëf la vò vnir o tèrd o prèst”
(La burrasca di San Giuseppe viene o tardi o presto ma viene)
L’ultima burrasca si verificò il 18/19 marzo del 1999 con temperature di -1/-3°C specie nel Lughese.

Ma non è finita perché il 25 marzo, Annunciazione, c’è la buràsca dla Madóna.

Av salut
Peval


(Paolo Turchetti)

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